Bio-orto innovativo sul tetto della FAO a Roma: un prototipo per produrre cibo in aree in cui mancano spazio e risorse

La resilienza nell’agricoltura urbana: si può sintetizzare così il progetto dell’orto biologico inaugurato questa mattina, mercoledì 17 novembre 2021, sulla terrazza della sede della FAO di Roma. Presenti alla simbolica cerimonia del taglio del nastro, tra gli altri, il direttore generale FAO Qu Dongyu, il vicedirettore Maurizio Martina, con Giorgio Grussu, coordinatore del progetto “Mountain Partnership Products“, l’amministratore delegato di Naturasì Fausto Jori e Paolo di Croce, segretario generale di Slow Food.

Con loro, a presentare il prototipo di Bio-Orto, sorta di laboratorio agro-ecologico, anche l’ambasciatore Vincenza Lo Monaco, rappresentante dell’Italia presso la Fao; Fabio Attorre, direttore dell’Orto Botanico di Roma – Università La Sapienza e Federico Di Vincenzo (startup Ecobubble).

L’obiettivo dell’iniziativa è quello di tracciare un modello di agricoltura che si delinei come risposta sostenibile e creativa alla crisi globale ambientale di risorse e cibo che riguarda l’umanità. Si tratta, in sostanza, di verificare la possibilità di replicare giardini pensili biologici lì dove il suolo è scarso o poco produttivo per affrontare e risolvere la carenza di cibo nei sistemi più fragili come le montagne e le zone urbane.

Quella inaugurata sul tetto della Fao è una vera e propria oasi bio, che ospita antiche varietà biologiche, tra cui – per la stagione invernale – il peperoncino Papecchia, il cavolfiore violetto catanese, la cicoria catalogna di Brindisi, il sedano nostrale di Francavilla Fontana e il peperone Sweet Julie, solo per citarne alcune. Tutte le specie di piante selezionate per la coltivazione provengono dalla Fondazione Seminare il Futuro, di cui NaturaSì è partner.

Primo nel suo genere su un edificio delle Nazioni Unite, l’orto biologico modulare all’avanguardia è stato realizzato da NaturaSì con l’Università La Sapienza – Orto botanico di Roma, la startup Ecobubble e Slow Food in qualità di membri della Mountain Partnership, alleanza dell’ONU che conserva e valorizza l’agricoltura di alta quota.

Fonte notizia: NaturaSì